Nel secondo governo Salandra (definito dall’«Avanti!» “Ministero della guerra”) il dicastero degli esteri fu assunto da Sidney Sonnino, che subentrò ad Antonino di San Giuliano, grande esperto di problemi diplomatici morto il 16 ottobre. Sonnino in precedenza, convinto della superiorità militare tedesca, era stato favorevole ad un possibile intervento a fianco dell’Austria (“Ogni altra politica sarebbe, oltreché moralmente riprovevole, un grosso errore, che sconteremmo amaramente nell’avvenire”, Sonnino a Alberto Bergamini, 29 luglio 1914) e supponeva necessaria comunque una mobilitazione preventiva: “Intanto fare maggiore sforzo per acquistare le armi che ci mancano; e nel febbraio mobilitare, cominciando dal gennaio a stringere accordi” (a Salandra, il 24 settembre 1914); riteneva comunque che “tutto dipende dalla piega che prenderanno gli avvenimenti mei due grandi campi di battaglia e nella penisola balcanica e non risulta chiaro che all’Italia, poco munita di mezzi e di armi, convenga entrare nella mischia” (a Pasquale Villari, 12 settembre 1914). Ma, assunta la carica degli Esteri, fece sua con maggiore determinazione la posizione di Salandra in merito ad una probabile guerra con l’Austria, senza rinunciare a sondare la possibilità di avere compensazioni territoriali in cambio di una neutralità da parte degli imperi centrali (accusati di aver violato gli accordi stipulati con la Triplice Alleanza invadendo la Serbia). Il gioco portato avanti dal Governo era pieno di ambiguità e legato all’evoluzione degli avvenimenti bellici: dopo l’insuccesso di un’offensiva russa in Polonia che avrebbe permesso all’Austria di spostare imponenti forze militari su un eventuale fronte italiano, Salandra definì inopportuna una rapida rottura con l’impero asburgico, prematura anche perché avrebbe indebolito la posizione contrattuale italiana di fronte all’Intesa (Salandra a Sonnino, 18 dicembre 1914). Da parte austriaca intanto, dopo ripetute pressioni tedesche, si fece presente in termini vaghi e dilatori una disponibilità a cedere all’Italia il Trentino, ma non Trieste. Le trattative per due mesi ristagnarono, per cui il governo verso la metà di febbraio riprese con determinazione le trattative segrete con l’Intesa, accelerando nel contempo i preparativi militari (il 26 febbraio Sonnino a Salandra: “Credo che si possa ormai ritendere con certezza che tanto la Germania come l’Austria non sperino più in un accordo con l’Italia, poiché l’Austria non intende cederle nulla; esse tutto al più dubitano ancora che l’Italia abbia l’audacia di entrare in campo contro di loro”; Salandra rispose concordando sul progetto ma chiedendo di non far trasparire la rinuncia alle trattative a Berlino e Vienna). Nel corso del mese di marzo le trattative segrete furono molto intense, incontrando difficoltà in particolare sulla richiesta italiana di annessione della Dalmazia, su cui mirava anche la Serbia, protetta dalla Russia; sulla questione già agli inizi di aprile fu trovato un compromesso; dopo la definizione dei dettagli il 26 aprile fu firmato il patto di Londra, che rimase però segreto (trattative di copertura con le potenze imperiali erano continuate fino ad allora, e continuarono nei giorni successivi, ovviamente senza progressi; i contenuti del trattato furono resi pubblici solo dai bolscevichi alla fine del 1917) . Il 3 maggio l’Italia denunciò ufficialmente la fine dell’alleanza con l’Impero Austroungarico, chiaro preavviso della decisione di entrare in guerra.