Percorrendo la strada dove il 9 aprile 1912 transitò il corteo funebre del poeta, si raggiunge Barga, città dalla lunga e ricca storia. Per Pascoli Castelvecchio rappresentava lo spazio privato e intimo, così come Barga era invece la dimensione pubblica e il palcoscenico da calpestare in veste ufficiale di cantore della Valle del Serchio. Questo lo si poté già intuire nell’anno successivo al suo arrivo quando, il 27 settembre 1896, all’interno di una giornata dedicata all’umanista barghigiano Pietro Angeli, pronunciò un celebre discorso che divenne vero e proprio manifesto di intenti e di amore verso la Valle: Cercavo un anno fa un luogo appartato e solitario dove fare certi miei poveri lavori e ribevermi certe mie povere lagrime in pace. Venni a Barga. Vidi che "c'era bello" e sostai. Ora la vostra accoglienza, o cittadini di Barga, mi dice che in questi luoghi "c'è buono". Dove è la bellezza e la bontà il cuore dell'artista non ha altro a desiderare. Io rimarrò qui.
Accostandosi alla cinta muraria si coglie subito la presenza del poeta. Sul bastione del Fosso svetta il monumento dedicato al patriota barghigiano Antonio Mordini (1819-1902), attore delle lotte risorgimentali, prodittatore di Garibaldi in Sicilia, ministro e senatore del Regno e, ovviamente, amico di Pascoli: fu lui ad aiutarlo a procedere all’acquisto della casa di Castelvecchio, oltreché fornirgli numerosi testi di studio conservati nella biblioteca di famiglia. In occasione dell’inaugurazione del monumento Giovanni tenne l’orazione ufficiale Antonio Mordini in patria.
Entrando nel centro storico di Barga, ci si trova in un dedalo di carraie e palazzi dove innumerevoli angoli sono legati alla memoria del poeta: tra questi spicca il Teatro dei Differenti, dove il poeta fu più volte invitato a tenere orazioni ufficiali, fra cui il celeberrimo discorso La grande proletaria si è mossa. Un’epigrafe sulla facciata del teatro ricorda ancora questo avvenimento: l’orazione in favore della guerra di Libia fu pronunciata il 26 novembre del 1911 e costituì l’ultima uscita ufficiale di Pascoli, già provato dalla malattia. Il Teatro ebbe anche l’onore di assistere alla rappresentazione de Il sogno di Rosetta, unico tentativo operistico del poeta. Pascoli, da sempre desideroso di veder musicati i suoi versi, riuscì nell’impresa nel 1905, affidando un suo libretto al musicista spezzino cieco Carlo Mussinelli: il “Sogno” fu rappresentato a Barga ma non ebbe altra risonanza se non locale.
Proseguendo, si giunge in piazza Salvo Salvi; tra gli edifici che la incorniciano si distingue il caffè Capretz, allora ritrovo della “crema”, cioè della borghesia e della aristocrazia cittadina. Pascoli ne era un avventore abituale; con la famiglia Capretz consistenti furono i rapporti, testimoniati dall’originale episodio per cui Italo, proprietario del caffè, battezzò uno degli infusi prodotti col nome di “Fior di Giovanni Pascoli”, al che il poeta volle che fosse modificato nel più elusivo “Fior di giovani pascoli”. Altra famiglia, imparentata ai Capretz e legata al poeta, era quella degli Stefani: sul giornale fondato dai giovani fratelli Alfredo e Italo Stefani (Il Corsonna, poi su suggerimento di Pascoli femminilizzato in La Corsonna) il poeta pubblicò le proprie posizioni in merito alle battaglie elettorali barghigiane, di cui fu acceso protagonista.
È inevitabile che il percorso pascoliano a Barga termini con l’ascesa al Duomo, il cui suono delle campane è quello che ispirò al poeta il componimento L’Ora di Barga.