Le vicende dello studio fotografico Barsotti prendono l’avvio nel 1885 quando Ferdinando, padre di Gino, entra come giovane apprendista nello stabilimento Brogi. In quel periodo Firenze con la presenza di premiate ditte come Alinari o, appunto, Brogi, godeva di un primato nell’industria fotografica, in gran parte connessa alle caratteristiche del luogo, città d’arte e meta di turismo internazionale: la riproduzione di capolavori delle gallerie, l’architettura e le arti applicative era stata da subito praticata dai laboratori fotografici. Dal ferro al ricamo, dall’intaglio in legno al mosaico, dal marmo all’alabastro: le industrie operavano separatamente ma concordi nel fine di perseguire una sorta di “Progetto Rinascimento”, un italian style che si confermava imprenditorialmente azzeccato. Tra le conseguenze di tale scelta, l’obbligo della qualità, di una accuratezza manifatturiera, di produzione di medie dimensioni. La fotografia partecipava a pieno titolo a questa catena, non solo come ramo autonomo, fornendo prodotti allineati a quel trend, dalla ricercata stampa “effetto bronzo” al più modesto “ricordo” turistico, ma anche come strumentale contributo diretto o indiretto a molti dei settori prima ricordati.
Un rapporto diretto tra la fotografia e il mondo delle arti decorative e dell’architettura era stato stabilito da tempo in Toscana. Fin dal 1858 si era costituita una società finalizzata a promuovere il lavoro dei pittori, degli scultori e degli architetti del Granducato; iniziativa da collegare a quei “Ricordi di architettura” che vent’anni dopo, dal 1878 al 1900, costituiranno un significativo contributo al dibattito artistico.
In tal contesto, allo scadere del secolo, vive ed opera Ferdinando Barsotti. Le poche notizie che si hanno sono quelle fornite dall’anagrafe del Comune di Firenze, con l’inizio dell’attività nel 1893, integrate da una serie di segnalazioni tratte da repertori commerciali, bollettini e guide che confermano gli esordi e la presenza del laboratorio prima al n. 26 di Via della Scala, quindi dopo il 1912, al n. 4 della stessa, nei locali che Ferdinando aveva potuto acquistare e dove la ditta rimarrà nei successivi settant’anni. Dall’insieme dei premi, delle segnalazioni e dei commenti si precisa fin da subito la scelta del campo nel quale il fotografo prevalentemente opererà. Augusto Novelli, nel catalogo dell’Esposizione Fotografica Nazionale ed Internazionale di Firenze (1899) osserva che gli pare “discreto […] il gran quadro di fotografie applicate alla industria del Barsotti di Firenze. Mi sembra che in questo ramo l’arte nostra potrebbe favorire assai lo sviluppo del commercio, e il Barsotti fa benissimo a dedicarvisi con amore e intelletto”.
Esistono numerose testimonianze certe di questi anni: immagini del Mercato di San Lorenzo, la Villa Targioni di Calenzano, il palazzo che ingloba il seicentesco oratorio della Compagnia dei Barelloni nella stessa Via della Scala, gli stabilimenti termali di Montecatini. I primi significativi repertori di Ferdinando sono però riferiti a Gino Coppedè: si ricordano centinaia tra fotoincisioni e positivi, conservati a Roma e Genova, da cui furono tratte le sessanta tavole delle Ville e castelli in carattere quattrocentesco di Gino Coppedè (Milano, Preiss, 1914).