La Fondazione “Case Pie” di Livorno fu istituita nel 1682 per iniziativa del Gran Duca di Toscana Cosimo III dei Medici con lo scopo di accogliervi gratuitamente fanciulli poveri di entrambi i sessi. A curarne la nascita fu il Marchese Marco Alessandro Dal Borro, Governatore civile e militare della città dal 1678 al 1701.
La “Casa Pia dei Poveri Mendicanti” fu inaugurata il 16 maggio 1682; l’ente veniva sovvenzionato sia dal Gran Duca di Toscana che dai più facoltosi mercanti della città. Le due Case erano dirette da una Congregazione di dodici governatori che si occupavano sia dell’amministrazione che dell’ammissione e licenziamento dei poveri.
I Governatori erano nominati dal Prefetto, rimanevano in carica per quattro anni e potevano essere riconfermati. La Congregazione eleggeva al suo interno un presidente che aveva il compito di convocare le adunanze della Congregazione, di rappresentare l’Opera Pia e assicurava l’osservanza dello Statuto e dei Regolamenti.
Nei primi anni di vita della Fondazione vi era una maggiore presenza femminile e addirittura per alcuni anni i maschi non furono più ricoverati. Nel 1750, però, il governatore di Livorno Carlo Ginori (1702-1757) promosse la costruzione di un edificio per accogliervi esclusivamente i ragazzi: lo stabile venne inaugurato nel gennaio 1751 e prese il nome di “Refugio”. Il Marchese Ginori, inoltre, ottenne che, in base ad un editto della Marina Austriaca del 1748, fosse fatto obbligo ai capitani di navi facenti scalo a Livorno di imbarcare uno o più allievi delle “Case Pie delle povere mendicanti e del Refugio” e di corrispondere all’Ente una tassa annua.
Il 13 marzo 1867 la Fondazione fu eretta a Ente Morale, conservando il nome di “Case Pie”.
La seconda guerra mondiale produsse grandissimi danni al patrimonio immobiliare delle Case Pie e negli anni successivi al conflitto cominciarono le prime difficoltà economiche dell’Ente: diminuirono le sovvenzioni governative e le offerte di privati si fecero sempre più rare, cominciò a diminuire il numero degli allievi paganti e la rendita netta del patrimonio immobiliare divenne sempre più bassa, sia per i gravissimi danni che questi avevano subito durante la seconda guerra mondiale, sia per il fatto che gli inquilini avevano in massima parte il fitto bloccato.
Nel 1958 la Fondazione dette vita ad un Istituto dove i ragazzi che frequentavano le scuole pubbliche potevano ricevere vitto, alloggio, educazione morale e religiosa; la preferenza era accordata a coloro che, volendo avviarsi alla carriera marinara, frequentavano l’istituto nautico “Alfredo Cappellini”. Questo istituto fu denominato Marco Alessandro Dal Borro. Undici anni più tardi, più precisamente il 13 maggio 1969, la stessa Fondazione Case Pie prese il nome di Fondazione Dal Borro.
La situazione economica peggiorò nel corso degli anni sessanta e nel 1969 la Congregazione dei Governatori, vista l’impossibilità di dare un equilibrio tra le entrate e le uscite finanziarie, deliberò di rassegnare collettivamente le dimissioni dalla carica. Il prefetto di Livorno, allora, provvide alla nomina di un Commissario straordinario che, con la delibera del 30 luglio 1970, decideva la chiusura della attività assistenziale a decorrere dal 1 ottobre 1970, giudicando ormai irreversibile la crisi economico finanziaria dell’ente. Dal 1970 il comune continuò a mantenere una gestione commissariale dell’Ente che garantiva la manutenzione ordinaria e straordinaria del patrimonio immobiliare e che provvedeva all’ordinaria amministrazione.
Nel 1997 il Comune di Livorno, si pronunciava per l’avvio della procedura di estinzione della Dal Borro, che si concluse il 26 novembre 1999 con una delibera che ne sanciva la cessazione acquisendone il patrimonio ed il 4 luglio 2001 la documentazione archivistica dalla sede dell’Istituto di via Spalato veniva trasferita nell’archivio storico comunale.
Nei fondi archivistici acquisti con l’estinzione della fondazione dal Borro, pezzo di indubbio valore è il libro dell’archeologo Robert Wood (1717-1771) The ruins of Palmyra; otherwise Tedmor in the desart nella prima edizione del 1753, che descrive il sito archeologico di Palmira in Asia minore e da cui sono tratte le immagini qui pubblicate.