Archivi in Toscana

Il patrimonio, le istituzioni, gli eventi

Archivi toscani nel mondo. Parte II

a cura di Elisabetta Insabato, 15 ottobre 2015

Introduzione

Stemma della famiglia Gondi
Domenico Luccioli, Dal frontespizio dell’estratto delle scritture, Archivio Gondi, Montalve, Firenze

L'approfondimento si occupa degli archivi toscani non più in Italia. Questa seconda parte è dedicata alle carte Gondi e Medici, ora alla Penns University

Gli archivi della nobiltà tra tutti gli archivi storici sembrano essere un vero e proprio "oggetto del desiderio" perché considerati, spesso a ragione, scrigni segreti di carte preziose, e pertanto più soggetti rispetto ad altre fonti, di natura pubblica e semipubblica, alla manomissione e alla dispersione. Tra i colpi inferti al patrimonio archivistico fiorentino di origine familiare -senza tenere conto dei gravi danni causati in generale dall’alluvione dell’Arno nel 1966- uno dei più significativi è rappresentato dalla dispersione di parte degli archivi Gondi, avvenuta in alcuni momenti storici. Si tratta di una vera e propria damnatio memorie che sembra aver colpito nel tempo il patrimonio documentario prodotto da alcuni dei rami di questo importante casato.

Bene ne aveva descritto la complessità in occasione della pubblicazione, nel 1928, per i tipi di Olschki, del suo saggio intitolato "Gli archivi de'Gondi", lo storico e scrittore Roberto Ridolfi che, grazie alla sua posizione nell'aristocrazia fiorentina e nella cultura del suo tempo, aveva facile accesso agli archivi della nobiltà. All’epoca egli poteva affermare: "…tutti gli archivi dei principali rami italiani dei Gondi sono pervenuti sino a noi". Per questo, sebbene negli ultimi decenni siano usciti studi aggiornati sulla storia dei Gondi, si rimanda al suo saggio dove si delineano sia pure sinteticamente le complesse vicende genealogiche di questa famiglia, il cui eponimo si colloca a Firenze nella prima metà del secolo XIII. In realtà cinque erano i nuclei Gondi da lui rammentati di cui egli si limitava a descrivere sommariamente tre. Infatti, ancora alla fine del Seicento quella dei Gondi era una vera e propria consorteria, composta da più linee: tuttavia, al massimo della loro espansione raggiunta alla metà del Seicento, una serie di concomitanze, di carattere biologico e strutturale, portavano all’estinzione di vari rami collaterali.

In sintesi, egli segnalava, da una parte, gli archivi prodotti dai rami generati dai due figli di Bernardo di Antonio (1482 - 1539), e cioè:

1) le carte del ramo di Bartolomeo di Bernardo (1519 - 1595), tuttora in mano, anche se parzialmente depauperate, presso i marchesi Gondi detti di Via Torta. Esse comprendono quanto resta di una importante miscellanea savonaroliana, raccolta in virtù probabilmente del legame tra Savonarola e frate Marco Gondi, suo stretto seguace, ampiamente descritta dal Ridolfi e parzialmente dispersa, ed una serie di scritture di tipo “antiquario”, una sorta di Zibaldoni, raccolti dall’abate Carlo Antonio Gondi (1642 – 1720), che fu segretario di stato e residente diplomatico del granducato di Toscana alla corte di Francia.

Queste ultime contenenti documenti in copia ma anche in originale da cui trarre notizie sulla storia familiare, la sua antichità e nobiltà, furono utilizzate a inizio Settecento per confezionare l’opera in due tomi di Giovanni Corbinelli, Histoire genealogique de la Maison de’Gondi (Parigi, 1705), che gli era stata commissionata da una Gondi di Francia, Paola Francesca, figlia di Pietro, duca di Retz, e andata in sposa al duca di Lesdiguières (disponibile on line). Di quel periodo, 1682-1714, restano tre tomi di lettere scambiate tra Paola Gondi, l’abate Carlo Antonio, il Corbinelli e il marchese Carlo Rinuccini (per la descrizione si veda la pagina SIUSA alla voce Gondi ramo di Bartolomeo di Bernardo).

 Al ramo di Bartolomeo si riferisce anche il nucleo donato dal cav. Vincenzo Gondi all'Archivio di Stato di Firenze nel 1883 (161 perg., 1270-1767 e 286 tra registri di amministrazione e mercatura; si veda il portale SIASFI alla voce Gondi);

2) le carte del ramo di Amerigo di Bernardo (1531- 1607), conservate nel palazzo Gondi di Piazza San Firenze, oggetto di un grave furto intorno al 2000, di cui si tratterà più avanti;

Dall’altra,

3) l’archivio che si riferisce alla discendenza di Salvestro di Simone, conservato presso il fiorentino Conservatorio delle Montalve alla Quiete (Via di Boldrone). A questa stessa linea si riferiscono anche carte Gondi confluite nel fondo Mannelli Galilei, anch’esso da tempo donato all'Archivio di stato di Firenze (si veda il portale SIASFI alla voce Mannelli Galilei Riccardi). A questo archivio viene dedicata qui la prossima scheda.

Per citare questo speciale

E. INSABATO, Gli archivi toscani nel mondo. Parte II, in Percorsi, 10, Portale Archivistico Toscano, ottobre 2015