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Quando a Livorno c'era il colera

A cura di Monica Moschei, marzo 2015

I provvedimenti dell'Ufficio Sanitario

Dispensario di Via dell'Origine
Comitato Colline - Magenta - Roma

Intanto i casi di contagio aumentavano: nella notte tra il 17 e 18 agosto si riscontrarono 39 nuovi casi e il 19 agosto i nuovi malati erano 53. Presto anche il clima cittadino cambiò, le manifestazioni popolari adesso chiedevano interventi energici e risoluti: c’era fermento che comportò da parte del Prefetto il richiamo in servizio delle forze di polizia impiegate nei piantonamenti. Di tale atto il Bandi  chiederà  il ritiro per non compromettere l’attività di repressione del contagio (cfr. C.L.A.S  Busta “Affari  46 bis”, anno 1911 –Lettera Sindaco  del 22 agosto 1911 al Prefetto di Livorno).

Nei giorni successivi al 23 agosto furono attuati una serie di provvedimenti urgenti  tra cui:
•    interventi di pulizia delle abitazioni con la rimozione dei pagliericci sporchi e loro sostituzione, disinfezione delle case anche di quelle in cui non vi erano casi di contagio, ed attivazione dei dispensari gratuiti di disinfettanti.
•    riattivazione della vigilanza annonaria, che era stata in parte abbandonata in quanto ai vigili sanitari erano stati assegnati compiti di picchettaggio e di sostentamento delle persone piantonate a domicilio. Furono istituite piccole squadre con il compito di ispezionare gli spacci di bevande, soprattutto quelli del latte, e le rivendite di generi alimentari perché applicassero le misure igieniche emanate con le ordinanze sindacali: i vigili sanitari controllavano il rispetto negli esercizi commerciali delle misure igieniche, verificando che la disinfezione di bicchieri e di recepenti fosse effettuata con soluzione di acido clorifico, che gli alimenti venissero protetti dalle mosche e che le derrate guaste fossero subito gettate via.
•    maggiore sorveglianza alle case contumaciali (utilizzate, in alternativa al piantonamento presso il domicilio, per la sorveglianza dei familiari dei malati di colera che vi venivano tenuti in quarantena e dimessi solo dopo aver escluso la possibilità di contagio) e sopralluoghi presso gli istituti di collettività cittadini per verificare il funzionamento delle misure profilattiche da essi adottate. Furono esaminati dal Soprintendente l’Ospedale Civile, i Lazzaretti, il Ricovero di Mendicità, le Case Pie,  il Refugio e gli Asili Infantili nonché le Corporazioni della Misericordia, della Società Volontaria di Soccorso, della Purificazione e di San Giovanni Battista; le squadre volontarie di soccorso costituite dal Circolo “Bovio”, quelle dei volontari automobilisti e i dispensari di distribuzione di disinfettanti.
Fu attivato lo svuotamento dei pozzi neri dopo una disinfezione di 24 ore a base di calce caustica; la disinfezione del suolo e del sottosuolo della città; furono pulite, durante la notte, tutte le vie cittadine, mentre il giorno si provvedeva alla disinfezione dei  bottinelli dei pozzi neri ed alla rimozione della spazzatura dalle strade.

L’opera di repressione dell’epidemia continuò con l’istituzione in Coteto di una stazione municipale per la disinfestazione a vapore, in aggiunta a quella governativa, non sufficiente a sopperire alle difficoltà del momento, e con la riorganizzazione delle squadre di disinfezione sotto il controllo dei medici sanitari (il 28 agosto venne proposta dal Prof. Bandi l’assunzione di tre medici e di 6 studenti di medicina al 6° anno per sovrintendere ali servizi delle squadre di disinfezione), in modo da applicare protocolli sanitari omogenei  per la disinfezione delle abitazioni.

Altre misure di profilassi inclusero il divieto di vendita di gelati, limonate e fichi poiché non era possibile controllare che i venditori ambulanti si attenessero scrupolosamente alle prescrizioni igieniche; inoltre si invitò l’amministrazione a vietare il pellegrinaggio dell’8 settembre a Montenero perché gli assembramenti  di persone potevano incrementare nuovi focolai di infezione. Furono programmati corsi teorico pratici sulle disinfezioni da impartire ai corpi armati del Comune, indicando come insegnante il dott. Serafini, Ispettore medico dell’Ufficio di igiene. Per impedire la reimportazione dei germi colerici attraverso il porto, si attivarono maggiori controlli sui marittimi che provenivano da altre città (Genova e Napoli), in cui erano presenti casi di colera.

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